mercoledì 28 novembre 2018

"Gli intrepidi Sardi della Brigata Sassari" di Leonardo Motzo



di Ettore Martinez



“L'opera di Motzo si colloca, perciò, a metà strada fra la memorialistica e la storiografia militare vera e propria” scrive Manlio Brigaglia nella sua breve e bella Introduzione a questo libro. Il testo è infatti a tratti piuttosto tecnico e non è sempre agevole orizzontarsi bene fra tutti gli spostamenti di divisioni, reggimenti, battaglioni e persino compagnie. Esso non si esaurisce quindi nelle frequenti avvincenti descrizioni impressionistiche di situazioni e ambienti e fenomeni atmosferici, che pure sostanziano il libro di elementi narrativi. Per questa ragione il libro di cui stiamo parlando viene unanimemente considerato il migliore testo sull'argomento dal punto di vista della Storia militare.

“Gli intrepidi Sardi della Brigata Sassari” ebbe la sua prima edizione nel 1930 ma non vi si trova alcun accenno al Fascismo: Mussolini viene citato una sola volta insieme a Corridoni in relazione al capitano Deffenu, in quanto tutti e tre socialisti interventisti. C'è anche da dire che non mancano righe altamente elogiative nei confronti di Emilio Lussu, antifascista che allora si trovava in esilio. Motzo non ne fa esplicitamente il nome ma ce lo descrive in maniera tale da non lasciare adito a dubbi.

Eviterò ovviamente di ripetere gli episodi, alcuni neanche tanto noti al grande pubblico, nei quali vengono fotografate e valutate le caratteristiche salienti degli uomini della Sassari e rivissuti momenti fortemente drammatici. I Sardi della Sassari, compresi quelli che sardi non erano, fra gli ufficiali: uomini “fatti apposta per questa guerra d'imboscata” (p.226), che come è noto avevano riprodotto sul fronte tutta una serie di costumanze tipiche dei loro paesi, compresi i canti a tema. Spesso a corto di munizioni si lanciavano all'arma bianca contro il nemico riuscendo a volte addirittura a rovesciare le sorti del combattimento proprio quando sembravano perse. Ci riferiamo, per esempio, agli episodi che videro protagonisti il capitano Fiumi (un contrattacco) e lo stesso Emilio Lussu (rottura di accerchiamento), in due diversi momenti della guerra.

Come è noto, a Pozzomaggiore (SS) i reduci daranno inizio al loro ritorno dalla guerra alla tradizione di una corsa di cavalli come quella di Sedilo, per ringraziare il cielo di essere tornati vivi da questo immane bagno di sangue e racconteranno di essersi battuti spesso, senza più munizioni, all'arma bianca -ma non tanto con la baionetta, bensì con la leppa, con la pattadese.

Tornando al libro, un episodio che comunque voglio evocare e che viene raccontato con forte tensione emotiva da Motzo è quello della battaglia di retroguardia avvenuta a Codroipo poco dopo la rotta di Caporetto, in quella che fu una specie di Stalingrado “ante litteram” in scala ridotta. Qui la coda della Brigata Sassari, che si trovava alla retroguardia di un esercito, quello italiano, in parte in ritirata in parte in rotta, fu aggredita da truppe scelte tedesche in avanzata, proprio mentre stava per abbandonare la piazza del paese. La reazione diede luogo a un feroce combattimento casa per casa, orto per orto, strada per strada. Va tenuto presente anche che “proprio in quei giorni circa il 50% (grosso modo) degli effettivi si trovava in licenza in Sardegna per partecipare alle 'paci di Posada' che posero fine alla grande faida di Orgosolo” (Mauro Scorzato).

Insomma, successe anche questo infine, che lo stato italiano e l'alto comando riconobbero valore, dignità e utilità a questa riconciliazione al punto di privarsi di tanti soldati di élite proprio in un momento militarmente così difficile come quello.

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