"Boldest measures are the safest"
Non c'è da stupirsi, conoscendo l'importanza dei fatti, visitando Londra, della maestosità di Trafalgar Square, che celebra la storica vittoria riportata dalla flotta britannica su quella combinata franco-spagnola il 21 ottobre del 1805. Vittoria che per circa un secolo ha sancito il dominio inglese dei mari.
La bibliografia su Orazio Nelson e sulla battaglia navale è imponente e non solo da parte britannica. Questo apprendiamo man mano che ci addentriamo in questo saggio storico. Che non ha necessitato affatto di essere, secondo una discutibile moda del momento,tradotto in romanzo storico, per essere così avvincente.
Nel progredire della sua ricostruzione, Breccia ricostruisce davanti a noi, un po' alla volta,la figura anche fisica e il carattere di Nelson, uomo sicuramente coraggioso al punto di guidare personalmente un abbordaggio a ben due navi nemiche affiancate. Quando Nelson è caduto mortalmente ferito, a Trafalgar, aveva già precedentemente perso in combattimento un occhio e un braccio ed era anche stato ferito leggermente alla pancia. Nelson era uomo anche capace di spendere,eccedendo, cifre da capogiro. Oppure di instaurare, già sposato con Fanny, un particolare ménage a trois con Emma e il marito di lei,rapporto destinato a durare per tutta la vita.
Ma in questa precisa ricostruzione storica non si parla solo della persona e della carriera di Nelson, di come sia arrivato a comandare una flotta così importante, guidandola in base a principi tattici che, se pure erano già conosciuti, non erano però mai stati ancora adeguatamente applicati.
Leggendo "Trafalgar" veniamo informati, non solo di come fossero organizzati il tempo e lo spazio a bordo delle navi da guerra dei primi dell'Ottocento e di quali armi disponessero allora le "navi di linea" e gli equipaggi (marines e marinai) e di come venissero adoperate, ma anche di parecchie altre cose di Storia materiale, come per esempio, l'alimentazione e la somministrazione agli equipaggi del "grog".
Ma il grande protagonista di questa storia - nell'età dei grandi velieri con 74 e anche più cannoni,con equipaggi anche di centinaia di uomini- è il *vento*. L'autore infatti riscostruisce minuziosamente le vicende del grande duello navale fra Inghilterra e Francia per la supremazia sui mari, dimostrando come tale variabile fosse essenziale.
Infatti la vittoria di Nelson gli è derivata soprattutto dall'avere egli saputo interpretare strategicamente e tatticamente al meglio, il regime dei venti e l'uso delle navi di cui disponeva. All'interno di una sua visione militare basata sull'attacco spregiudicato volto a rompere la linea nemica. Di più, Nelson (che aveva "alzato la sua insegna" sulla Victory) poteva contare su equipaggi molto più addestrati e su ufficiali più disciplinati.A differenza dei Francesi dell'ammiraglio Villeneuve, che non appare in verità proprio come un'aquila e che fu assai probabilmente "mollato" dal contrammiraglio Dumanoire, proprio nel momento di maggior bisogno: Certo è che a lui non bastò il valore e la sagacia del capitano Lucas, che aveva organizzato la sua nave (la Redoutable) dando, cosa rara, la massima importanza alla sua fucileria che aveva molto addestrato) in previsione di una superiorità britannica nel maneggio dei cannoni.
Del resto l'imperatore, non è che avesse sul mare le stesse grandi capacità che aveva sul campo terrestre di battaglia. Capiva poco i venti.
Interessante libro, che conto di leggere, e interessante recensione.
RispondiEliminaSolo qualche modesta considerazione a margine.
I francesi avevano, già da prima della rivoluzione, posto in essere un vasto programma di costruzioni navali, standardizzando il più possibile i progetti delle unità, cosa modernissima per i tempi.
Ad esempio, il progetto del “vascello da 74 cannoni” del 1780 costituì un esempio per tutte le marinerie coeve.
Ma, tradizionalmente, il nerbo degli equipaggi francesi pre-1789 era costituito dai pescatori bretoni e vandeani, uomini di mare temprati nel Golfo di Biscaglia, uno dei mari più pericolosi del mondo, ferocemente avversi a alla Rivoluzione, e quindi considerati politicamente “poco sicuri” dalle Autorit e che venivano spesso rimpiazzati da “cittadini” che non avevano mai posto piede su una nave.
E mentre un cittadino o un contadino poteva essere facilmente addestrato all’uso di un fucile, era cosa ben diversa manovrare un timone, spedare un’ancora o serrare una vela su albero a quaranta metri d’altezza con il mare in tempesta, cose alle quali dovevi essere eri abituato sin da bambino (in quei tempi, si...).
Ecco quindi apparire evidente la superiore capacità manovriera delle navi inglesi, con equipaggi capaci di operare all’unisono con grande rapidità e coordinamento e la decisione del Comandante Lucas di cercare di sfruttare al massimo una debolezza, imbarcando un gran numero di fucilieri.
Un’altra considerazione per così dire, da “guerra psicologica”. Nei combattimenti navali di allora era relativamente raro assistere all’affondamento di una nave, soprattutto di una certa dimensione: si puntava soprattutto al disalberamento delle navi stesse che, prive di mezzi propulvivi e ridotte a pontoni galleggianti, dovevano necessariamente arrendersi.
Gli Inglesi in questo modo si impossessarono di numerosi vascelli francesi, che mantennero spesso nella Royal Navy il loro nome francese originale premettendo la sigla HMS (His He Majesty Ship).
Così, tanto per far vedere chi comandava sui mari...
Antonello Ruscazio