lunedì 2 settembre 2019

La battaglia di Sedan e le implicazioni successive - di Mauro Scorzato



Napoléon, cédant Sedan, céda ses dents ("Napoleone, cedendo Sedan, cedette i suoi denti") è uno scioglilingua che un tempo era ben noto a chi studiasse Francese.
La battaglia di Sedan avvenne fra il 31 agosto ed il 2 settembre del 1870 e fu clamorosamente vinta dai Prussiani. 
Insieme alla sconfitta della Francia segnò anche la fine del Secondo Impero di Napoleone III.


Nel quadro di Alphonse de Neuville troviamo rappresentati gli scontri di Bazeilles, che videro contrapposta la fanteria bavarese alla fanteria di marina francese.
Questo episodio fu detto anche delle "ultime cartucce", per via della resistenza eroica dei francesi. Questi ultimi si giovarono anche dell'aiuto dei civili, molti dei quali si videro le case incendiate o furono sommariamente passati per le armi dai soldati bavaresi in quanto ritenuti "franchi tiratori".
Inizia qui, per la Storia contemporanea, la prassi bellica che prenderà poi il nome di contro-guerriglia.


LA BATTAGLIA DI SEDAN : IMPLICAZIONI SUCCESSIVE AD UN EVENTO DIMENTICATO
di Mauro Scorzato

Ricade domani l’anniversario della battaglia di Sedan, una delle più brucianti sconfitte della Francia che dovrà aspettare ottant’anni circa per trovarne una di ancor più vergognosa in Vietnam a Dien Bien Phu. Questa battaglia, la cui conoscenza viene generalmente trascurata nelle nostre scuole, per noi italiani è ricca di spunti: innanzitutto fu una battaglia di “distruzione” che si poneva come obbiettivo la totale distruzione delle forze nemiche (francesi) per manovra costringendo quindi la capitolazione generale. Lo stesso fu tentato, cinquant’anni dopo, a Caporetto con esiti comunque non altrettanto felici, dal momento che il grosso del Regio Esercito Italiano riuscì a sgusciare dalla manovra a tenaglia sfruttando con più intelligenza i corsi d’acqua che si frapponevano al cammino degli attaccanti (anche in Francia vi erano corsi d’acqua rilevanti ma i Francesi non sembravano averci fatto caso, vista la riottosità tutta francese di presidiare ponti e guadi).
Nella battaglia prodromica di Sedan, a Gravelotte, nella località di Saint Privat, furono schierate per la prima volta in Europa le armi che tanto avrebbero fatto parlare nel futuro: le mitragliatrici, ancora comunque chiamate “cannon à balles” (cannoni a proiettili). Quest’arma, sviluppata dall’ing. Verchères de Reffye con fondi provenienti direttamente dalle tasche di Napoleone III per questioni di segretezza (la cosa riuscì talmente bene che ancora oggi molti storici “ruspanti” piazzano l’esordio delle mitragliatrici nella Prima Guerra Mondiale) fu usata in postazioni mimetizzate contro gli attacchi della Guardia Prussiana del Principe del Wuertemberg, con i risultati che ritroveremo amplificati nel primo conflitto mondiale. I tedeschi stessi (al tempo ancora Prussiani) rielaborarono il concetto tattico applicato dai Francesi a Saint Privat, lo inserirono nella loro dottrina integrandolo con le altre armi ed ostacoli (leggi : reticolato) e lo rivolsero contro gli inventori, nel conflitto successivo, con i risultati conosciuti.
Ma vi è un’altra innovazione di cui anche noi avremmo fatto le spese nel futuro: infatti la capitolazione di Napoleone III a Sedan, con i suoi 83.000 prigionieri (ovverossia una cifra spropositata per i tempi) non significò affatto la capitolazione della Francia, che in effetti avvenne all’inizio del 1871. Al contrario, il popolo francese decise di intraprendere quel tipo di combattimento che avevano visto svilupparsi e avevano tanto ferocemente represso in Spagna circa settant’anni prima: nascono così i “franc tireurs”ovverossia i “franchi tiratori”, cioè individui e/o piccoli gruppi di civili che svincolati da ogni gerarchia militare (“franchi”) aprono il fuoco con armi portatili (“tiratori”) contro le truppe di occupazione, al solo scopo di infliggere perdite umane: al termine dell’azione nascondevano le armi e si confondevano con la popolazione civile. Tra i “tiratori” si trovavano parecchi Garibaldini italiani, ex -combattenti inglesi ma anche molti briganti che così speravano di ottenere amnistia.
Tale tattica, che, a dire la verità trova il fondamento in un decreto imperiale del 28 luglio che incoraggiava la creazione di formazioni di civili in armi, faceva inorridire i tetragoni strateghi prussiani: per loro il conflitto era uno scontro di intelligenze, più che una mattanza di inconsapevoli. A dire la verità anche loro avevano pensato ad una tattica simile nel caso le sorti non fossero state favorevoli allo stato Prussiano, anzi l’idea di armare la popolazione civile in caso di invasione era già stata postulata da Bismark. In ogni caso tale tattica si dimostrò talmente efficace da meritarsi uno studio a parte in quello che oggi definiremmo il “ciclo delle lezioni apprese” al termine del conflitto. Quello che ne uscì lo ritoveremo nel Primo conflitto mondiale in Belgio, con la deportazione e la riduzione alla fame della popolazione civile, ma soprattutto nel Secondo Conflitto mondiale; le stragi che ancor oggi il Presidente Mattarella richiama alla memoria non furono un parto della Germania nazista ma furono teorizzate molti anni prima della nascita del partito Nazista e quasi in concomitanza con la nascita della Germania. E non a caso nelle Convenzioni dell’Aia (ben prima del Secondo Conflitto Mondiale) si pone l’accento sul “legittimo combattente” ovverossia il combattente che risponde ad una gerarchia riconosciuta e porta apertamente le armi (quindi non “franc”) e si legittima la rappresaglia fino a 10 a 1.
In conclusione, gli spunti per una revisione critica di quanto successo in seguito, in particolare con l’avvento delle armi automatiche (ricordiamo che nella stessa guerra ritroviamo il primo impiego di massa di armi a retrocarica, i notissimi Chassepots che già fecero strage di garibaldini a Mentana) dei primi cannoni a retrocarica a proiettile scoppiante (i famosi Krupp) ma soprattutto lo scottante argomento di guerriglia-controguerriglia che ancora oggi riscalda gli animi, facendo spargere molte parole e molto poco sapere. (M.S.)

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