lunedì 25 gennaio 2021

"LEVEL ZERO HEROES": COME CI VEDONO LE FORZE SPECIALI DEI MARINES recensione di Mauro Scorzato

Difficile trovare un libro che descriva, visto dal basso, ciò che tu hai vissuto dall’alto. Un libro che parli dei momenti e delle esperienze di chi ha usato dei mezzi che tu, distante centinaia di chilometri, senza averlo mai conosciuto e senza nemmeno avere l’idea di chi possa essere, gli hai messo a disposizione. Noi viviamo in un mondo di conoscenza diretta e lo vediamo oggi che la sorte di chi non è a nostro diretto contatto non vale nemmeno la nostra attenzione, per non dire la nostra preoccupazione. Il libro “Level zero heroes” è infatti la storia di una battaglia, vista dagli occhi di un JTAC (Joint Terminal Attack Controller) ovverossia di quella persona che guida la parte terminale di un attacco aereo, dirigendo il fuoco direttamente sull’obbiettivo. In particolare, l’autore è un JTAC che appartiene ad una unità di élite, i ricognitori del Corpo dei Marines o “Pathfinders”. 

La battaglia di cui si parla è la battaglia di Bala Murghab, una sperduta valle afghana nei pressi del confine col Turkmenistan ma con una caratteristica ben precisa. Si trova infatti su una delle principali arterie del traffico di stupefacenti dall’Afghanistan al Turkmenistan, una specie di autostrada “Modena-Brennero” dell’oppio. Pur trovandosi nel settore tenuto dal contingente spagnolo, Bala Murghab venne abbandonato dall‘ unità spagnola del genio che lo presidiava dopo alcuni attacchi e venne rioccupata l’anno seguente da una compagnia del Reggimento Lagunari “Serenissima” che, dopo un breve scontro, occupò il “Castello” (una costruzione che in passato aveva alloggiato la polizia di frontiera) con il supporto di unità americane. Sostituiti a loro volta, nella primavera del 2009 dai paracadutisti del Generale Castellano. Gli insorti che occupavano il villaggio e le valle vennero presto edotti del fatto che la musica era cambiata rispetto ai tempi della presenza iberica. Numerosissimi e accaniti scontri fecero sloggiare gli insorti dal villaggio ma fu soltanto con l’arrivo del 151° reggimento della brigata “SASSARI”, nel tardo autunno del 2009, che la situazione venne sbloccata. Il giorno dopo S.Stefano del 2010, iniziò l’operazione “Buongiorno”(notare l’ironico nome coniato per l'occasione dal V.comandante della Brigata) con una compagnia della 82^ Divisione aerotrasportata USA, una compagnia di fanti del 151° Sassari, e un distaccamento di forze speciale dei Marines (i Pathfinders appunto, oppure più tecnicamente MSOT 8222). Queste forze all’alba occuparono due alture denominate “Prius ” e “Pathfinder”, tagliando di fatto definitivamente la strada e precludendone ogni uso. Qui infatti inizia anche la trattazione dell’autore (a dir la verità inizia con la ricerca dei corpi di due paracadutisti americani affogati pochi giorni prima nel torrente Murghab). Per tutto il libro, Michael Golembesky non risparmia una cattiva parola per nessuno tranne forse per il Ten. Col. Francesco Bruno (Comandante del distaccamento del 151° Sassari) e pochi altri. La leadership del Colonnello americano in comando, che non viene mai citato per nome bensì con la sua sigla radio (callsign) viene letteralmente fatta a pezzi e criticata in ogni suo aspetto. Bisogna specificare, che come avevo già notato durante il mio lavoro al Quartier Generale di ISAF (il comando delle forze NATO in Afghanistan) dove ero il rappresentante del Comandante della regione Militare Ovest, a guida italiana (carica in quel periodo rivestita dal comandante della brigata “SASSARI”), Marines e paracadutisti della 82^ si possono vedere come il fumo negli occhi. L’autore critica la visione prudenziale nella gestione dell’operazione, che tendeva a ricercare i “danni collaterali 0” (zero vittime civili durante le operazioni), sistema che di fatto imbrigliava l’uso sia del fuoco terrestre che del fuoco aereo mettendo a serio repentaglio le vite dei nostri militari sul terreno. Per tre giorni infatti, ondate di insorti si erano scagliate senza successo contro le due alture cercando disperatamente di riacquistare la libertà di movimento. Circa 500 insorti si erano riversati su Bala Murghad anche dai settori contermini (specificatamente dal settore tedesco) e in alcuni momenti si era temuto di perdere il controllo delle alture; solo il fuoco aereo ci aveva permesso di mantenerne il possesso. Io rimasi al mio posto per 36 ore consecutive, convogliando su tutta quell’area ogni aereo che si potesse trovare a disposizione nell’Afghanistan da parte di qualsiasi nazione e l’autore descrive che uso aveva fatto dei mezzi che gli avevo così faticosamente messo a disposizione. Dopo 2 giorni di combattimento e gravissime perdite (l’autore ne cita una cinquantina circa, ma furono ben di più), gli insorti rinunciarono alla riconquista ma continuarono a infastidire i difensori con fuoco intermittente e colpi di mortaio sporadici. In sintesi è questo un libro che parla di un fatto d’armi che ci ha visti come comprimari ma che in Italia è stato completamente cancellato dagli annali, eliminandone ogni traccia quasi fosse una vergogna. I nostri alleati lo celebrano come forse la più grande vittoria su una fazione che, ben lungi dall’esprimere un partito, rappresenta in realtà il fior fiore del narcotraffico Afghano; anche se gli insorti vengono definiti Talebani. Guarda caso questo libro non è stato tradotto in italiano mentre altri dello stesso autore, sempre su Bala Murghab ma meno coinvolgenti la nostra presenza, hanno trovato una casa editrice che ha curato la versione italiana. Comunque buona lettura a chi è in grado di leggere l’inglese. 

Col. Mauro Scorzato E.I., ora in pensione [La foto in alto è di ale226, pubblicata su fai.informazione.it]

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