venerdì 14 dicembre 2018

La "decimazione" della Brigata Sassari nella ricostruzione storica di Lorenzo Cadeddu


di Ettore Martinez

L' "Accabadora" di Michela Murgia, come è noto, è un romanzo, quindi un'opera letteraria di grande successo ispirata a un mito che però a molti ha fatto credere che questa antica figura femminile dispensatrice di eutanasia a colpi di mazzuola sul cuore o sul capo del malato terminale sia effettivamente esistita. Eppure sembra che gli ultimi studi accurati sull'argomento abbiano demolito questo mito sul piano storico -senza con ciò niente togliere all'opera letteraria. Allo stesso modo la descrizione romanzata, contenuta nel film antimilitarista "Uomini contro" (1970) di Francesco Rosi, dei fatti di monte Zebio sull'altopiano di Asiago che hanno visto coinvolto un reparto della Brigata Sassari, ricostruzione ispirata al racconto che ne fa Emilio Lussu, è stata per decenni considerata storicamente veritiera. I fatti in sintesi. Una compagnia di sassarini si trovava rifugiata il 10 giugno del 1917 in una grotta perché la linea veniva fatta segno a bombardamento in attesa di andare all'attacco. Era soprattutto "fuoco amico", sembrerebbe proveniente da artiglierie alleate francesi, insistito e massiccio. Su di esso non si è mai indagato. I soldati preferiscono, nonostante gli ordini, abbandonare il rifugio, che dà vistosi segni di cedimento, uscirne e andare a rifugiarsi in un avvallamento contiguo. Un maggiore che comandava il battaglione e che stava in una grotta vicina, informato della cosa, ne pretende la decimazione per ammutinamento. Seguono fasi concitate con gli ufficiali inferiori che si rifiutano di assecondarlo e il sopraggiungere di altri uomini inviati dal Comando di reggimento. Siccome il maggiore dà segni di squilibrio e non vuole sentire ragioni, nessuno gli obbedisce; apre allora il fuoco con la sua pistola su alcuni soldati freddandone uno e ferendone un altro. Viene poi, a sua volta ucciso. L'episodio è raccontato, con i nomi delle persone e della compagnia cambiati ma riconoscibili, da Emilio Lussu ne "Un anno sull'Altopiano" (1936/37). Il col. Lorenzo Cadeddu ha voluto dimostrare con questo suo libro che mentre Lussu ha raccontato i fatti in maniera corretta, Rosi li ha invece piegati agli intenti antimilitaristi del suo film. La pellicola ha una sua coerenza argomentativa e si spiega anch'essa nel suo contesto immediatamente successivo a piazza Fontana (Dicembre 1969); è un film che intende denunciare le crudeltà e le assurdità della guerra e ci riesce bene - ma non è certamente un resoconto storico fedele di quegli avvenimenti. Infatti sul monte Zebio non ci fu nessuna decimazione. Ci fu però, dopo i fatti, un processo militare del quale Lussu nel suo libro non parla. Di questo processo il col. Cadeddu invece ha recuperato non senza difficoltà la sentenza (tutti gli atti processuali di questo genere,eccettuate le sentenze, per disposizione superiore furono distrutti) e ha ovviamente svolto accurate indagini storiche. La sentenza mandò, e per quei tempi non era poco, tutti assolti: il maggiore era stato ucciso dai suoi stessi uomini perché fuori di sé, aveva già sparato su di loro uccidendone uno e ferendone un altro, stava ricaricando l'arma per sparare ancora, rappresentava per la truppa un pericolo; si trattò di legittima difesa. Il libro, denso e agile nello stesso tempo, contiene alcune schede personali una delle quali è dedicata al Generale Andrea Graziani, il tristemente famoso fucilatore della ritirata di Caporetto. Vi troviamo anche riportate delle testimonianze, una delle quali inedita; ed è corredato di un'appendice contenente documenti originali di notevole interesse per gli appassionati di Storia.

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