martedì 20 febbraio 2024

"Comandante", una recensione (2023) di Antonello Ruscazio del film di E. De Angelis



 

Una recensione di Antonello Ruscazio

"Comandante"

film del 2023 diretto da Edoardo De Angelis                                                                          Sceneggiatura Edoardo De Angelis,Sandro Veronesi            Protagonista Pierfrancesco Favino nel ruolo di Salvatore Todaro

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Da italiano, e da italiano orgoglioso di esserlo, non posso che ringraziare la produzione del film per la sua determinazione nel voler portare sugli schermi questo episodio della IIa G.M. e, se esprimerò quindi qualche critica, non vuol dire minimamente che io sconsigli la visione del film, anzi.

Avevo visto, prima dell’uscita del film, alcune foto del set in cui veniva girato ed avevo avuto quindi modo di apprezzare molto positivamente la fedeltà della ricostruzione dell’opera morta (per i non tecnici: la parte della nave che sta sopra la linea di galleggiamento) del R. Smg. “Comandante Cappellini” (sommergibile oceanico della classe Marcello, 1059 tonnellate di dislocamento in superficie, 1313 in immersione), ma immaginavo già prima di vederlo che che nel film ci sarebbero stati molti errori “tecnici”, come in tutti i fim sui sommergibili, per cui ero preparato.

Occorre tenere presente che ho visto il film al cinema e quindi, non potendo chiedere all’operatore di portare indietro la pellicola e farmi un fermo immagine, alcune delle cose che esporrò in queste righe, che non intendono essere un’esegesi dell’opera cinematografica o il resoconto delle missioni del “Cappellini" in Atlantico, sono il frutto di una visione piuttosto fugace, che cercherò di mettere a punto qualora riuscissi a trovare una versione DVD.

Iniziamo con la partenza.

A mia informazione la partenza di un sommergibile, soprattutto nei primi mesi del conflitto, avveniva in maniera ben diversa da quella da tragedia greca mostrata nel film: mi sembra strano che il Comandante della Squadriglia sommergibili (almeno...) alla quale il “Cappellini” apparteneva sia rimasto sotto le coltri, non fosse presente una banda musicale e le signorine in abbigliamento non dico da da moderna “influencer” ma di certo non consono agli standard di dignità delle donne dell’epoca che si vedono nel film non abbiano gettato mazzi di fiori.

Questa chiamiamola così “coreografia” aveva i suoi precisi significati: uno evidentemente propagandistico, e un altro, più importante, che doveva far ricordare all’equipaggio che la Nazione considerava i sommergibilisti la crema della crema delle proprie Forze Armate e che quindi, una volta chiusi in un tubo d’acciaio a decine di metri sotto la superficie del mare e a contatto con il nemico, l’intera Nazione avrebbe contato su di loro.

Non si può essere tuttologi e non sono un esperto di uniformologia, ma la foggia del berretto del Comandante Todaro mi sembrerebbe più simile a quello di un “Seniore” della “Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale” che a quallo di un Capitano di Corvetta della Regia Marina di allora, colore a parte. Mah…

Episodio molto verosimile invece quello in cui il Comandante Todaro ispeziona l’equipaggio e non fa imbarcare un Sottocapo elettricista perché visibilmente sofferente.

Il medesimo episodio si verificò alla partenza di quella che fu l’ultima missione del più famoso e più vittorioso sommergibile italiano ( e forse di tutta la IIa G.M. : non furono molti quelli che misero fuori combattimento due corazzate nella stessa missione...) il R.Smg. “Scirè”, salvandogli in tal modo la vita. Il marimaio in questione, che diventò poi un imprenditore di successo, non si diede mai pace per non aver partecipato a quella missione. (Episodio raccontatomi personalmente dalla Figlia).

Marcon”

Usa il fischietto e sembrerebbe quindi il nostromo, in quanto l’uso del fischietto non si addice alla dignità di un Ufficiale, ma un nostromo, benché persona di grande autorità a bordo, non può di certo avere una tale familiarità con il Comandante.

Ma ancora meno verosimile sono le sue sembianze da vecchio Nettuno decisamente in là con l’età: di certo a bordo dei sommergibili si invecchiava presto (se si invecchiava…) ma era raro che ci fossero a bordo persone oltre i trent’anni, perché solo giovani e giovanissimi avrebbero potuto resistere all’estrema durezza della vita e dei combattimenti a bordo.

Marcon” sarebbe stato quindi sbarcato da parecchi anni. Lo stesso C.C. Salvatore Todaro, nato nel 1908, nel 1940 aveva 32 anni e quindi anche la figura dell’attore protagonista non sembrerebbe forse delle più adeguate.

Ero giovanissimo allora ma ricordo perfettamente: guardavo un film su un sommergibile americano con mio Zio Luigi, fratello di mio Nonno Antioco, entrambi sommergibilisti, mio Nonno durante la Ia G.M., mio Zio negli anni ’20: (qui la sua foto)

https://cliolamusadellastoria.blogspot.com/.../hitlers-u... )

che si mise a ridere fragorosamente quando vide che alcuni marinai avevano la sigaretta in bocca. È vero che si trattava di un film americano, e a bordo dei sommergibili americani, in particolarissime situazioni, poteva essere concesso di fumare una sigaretta ma, di certo, non sui sommergibili dell’Asse.

Sempre a mia conoscenza, a bordo dei sommergibili italiani era vietato radersi senza l’autorizzazione del Comandante. L’acqua dolce infatti non serviva solo per bere, ma soprattutto per le batterie di accumulatori per la propulsione e le utenze di bordo, che la divoravano. Il T.V. Gino Birindelli, in occasione dell’operazione “GB2” chiese al Comandante Junio Valerio Borghese il permesso di farsi la barba, con queste parole: “Signor Comandante, poiché un gentiluomo si rade prima di uscire di casa, e visto che non è improbabile oggi un incontro con qualche gentiluomo inglese, chiedo il permesso di potermi radere. ”

Sui sommergibili americani le cose erano diverse, in quanto, essendo di dislocamento molto maggiore per poter affrontare le lunghissime distanze dell’Oceano Pacifico, avevano a bordo potenti impianti di dissalazione.

Episodio del campo minato.

Episodio quanto mai inverosimile. Non potevano esserci campi minati a Gibilterra per una duplice ragione: la prima perché le acque territoriali attorno e di fronte a Gibilterra sono acque territoriali spagnole o controllate dalla Spagna, e gli spagnoli non avrebbero di certo apprezzato la creazione di campi minati nelle loro acque territoriali; la seconda perché, dal punto di vista tecnico, l’ancoraggio di mine in fondali come qualli attorno a Gibilterra, profondi e percorsi da forti correnti, non era semplicemente possibile. Dato inoltre il vasto traffico britannico da e verso Gibilterra, le mine britanniche avrebbero causato molto probailmente più vittime amiche che nemiche.

Da notare come gli addestratissimi equipaggi dei sommegibili tedeschi ebbero sempre problemi nell’attraversamento dello Stretto, mentre non ne ebbero i sommergibili italiani.

Ma assolutamente inverosimile è la scena del coraggioso marinaio, corallaro di Torre del Greco (se non ricordo male) che esce dal sommergibile con l’A.R.O. (autorespiratore a ossigeno), taglia il cavo di ancoraggio della mina, libera il sommegibile e muore.

Primo. Se il “Cappellini” fosse incappato in un campo minato non ci sarebbe stata nessuna scena del genere: l’equipaggio avrebbe sentito esclusivamente il sinistro stridio dello strisciamento del cavo sulla fiancata e due o tre scondi dopo lo scoppio. Et finis…

Secondo. La pesca del corallo non avveniva, come oggi, con l’immersione di sommozzatori, ma con un particolare attrezzo, detto “ingegno”, che veniva trascinato sul fondo. Comunque, correttamente, nel film il marianaio si preoccupa perché l’autorespiratore a ossigeno è un attrezzo molto pericoloso e può essere usato con sicurezza sino a profondità massime di 18/20 m in quanto, se la pressione parziale dell'ossigeno supera le 1,3-1,4 atmosfere, si ha il fenomeno dell’avvelenamento da ossigeno.

L’A.R.O. viene usato dalle Marine militari perché, a differenza di quello ad aria (utilizzabile sino a 100 m di profondità, e oltre), non emette bolle ed ha una maggiore autonomia.

Nel 1940 l’A.R.O. era un’attrezzatura ancora sperimentale e dubito che fosse presente a bordo del “Cappellini”, men che meno la modernissima versione che indossa il marinaio….

L’attaco dell’aereo avvenne in una missione successiva rispetto a quella di cui il film tratta (ottobre 1940), e precisamente il14 gennaio 1941.

In 1122 8° 53'N, 14° 56'W Alle 11.20, il Cappellini stava per immergersi quando fu avvistato un aereo. Due minuti dopo, sganciò quattro bombe che colpirono il sottomarino all'estremità di prua e al centro della nave. L'attacco era stato effettuato da un Walrus del 710 Squadron (FAA) dell'idrovolante HMS Albatross con base a Freetown. In realtà aveva sganciato tre bombe A/S da 100 libbre.

Il sottomarino venne gravemente danneggiato e dovette rifugiarsi a Luz (Gran Canaria) per le riparazioni.

L’aereo del film non è un idrovilante Walrus ma sembra un Spitfire degli ultimi modelli costruiti durante la guerra, riconoscibile per il doppio radiatore sotto le ali. Nel 1940 gli Spitfire valevano l’oro che pesavano per la difesa delle Isole britanniche e passerà un bel po’ di tempo prima che siano inviati oltremare.

Ma, a parte il modello dell’aereo, ovviamente trovare un Walrus in condizioni di volo oggi è impossibile (btw: il Walus e lo Spitfire vennero progettati entrambi dal famoso progettista aeronautico R. Mitchell) non convince il numero eccessivo di marinai presenti in coperta. Che cosa ci stavano a fare? Per un sommergibile è vitale la velocità di immersione e ogni uomo in più in coperta significa il suo rallentamento, oltre a presentare pericoli di vario genere.

Una certa liberalità era concessa nei primi tempi del conflitto solo nel cosiddetto “air gap”, una zona al centro dell’Atlantico dove l’autonomia degli aerei alleati non riuscì a coprire la zona, per mezzo di quadrimotori a lungo raggio e con le portaerei di scorta, se non a partire dal 1943.

Il sommergibile nel film emette troppo fumo! Aveva un motore diesel, non un motore a vapore!

Quello che un comandante di sommergibile proprio non apprezzerebbe è la possibilità di individuazione del proprio battello a grande distanza. Ergo, se il sommergibile avesse emesso tutto quel fumo, “cazziatone“ del Comandante al Tenente G.N. responsbile e via via, in scala gerarchica, sino all’ultimo dei sottocapi presenti in sala macchine.

A proposito, mi sembrerebbe di aver visto una targhetta “FIAT” apposta sui motori del sommergibile. Se ho visto bene, è è un particolare esatto, in quanto il “Cappellini”, ed il gemello “Comandante Faà di Bruno” ebbero motori diesel FIAT, mentre le nove unità precedenti della medesima classe avevano motori CRDA.

Molto criticato, in tutti i commenti che ho letto, è stato l’episodio delle “patate fritte e del mandolino”.

Certo dal punto di vista cinematografico non mi sembra una scena da Premio Oscar, ma personalmente mi inizia a diventare noiosa la ripetizione del “sempre la solita solfa degli”italiani, brava gente..:”, letto in tutti i commenti.

È certamente fondamentale indagare pienamente su qualsiasi episodio avvenga in guerra, ma questo completo rovesciamento che vedeva le truppe italiane dapprima appunto come “brava gente”, per poi cambiare repentinamente facendo apparire gli italiani come poco diversi dalle truppe delle Divisioni Totenkopf mi sembra solo una ulterione dimostrazione della consueta mancanza di obbiettività di taluni storici (?) italiani ma non solo, soprattutto quelli più schierati ideologicamente.

Per cui penso sia meglio lasciare la parola al “nemico” di allora:

“… L’esercito sovietico marciava verso occidente, i prigionieri di guerra verso oriente. I rumeni avevano cappotti verdi e alti copricapi di astrakan. Sembravano patire il freddo meno dei tedeschi. Guardandoli, Darenskij non vedeva i soldati di un’armata sconfitta, ma una fiumana di migliaia di contadini stanchi e affamati con strani cappelli in testa. Di loro ci si faceva beffe, ma li si guardava con pietoso disprezzo, senza astio. Solo gli italiani, avrebbe visto poi, godevano di un’indulgenza ancora maggiore.”

Grossman, Vasilij. Vita e destino (Italian Edition) (p.955). Adelphi. Edizione del Kindle.

Antonello Ruscazio


"Comandante", una recensione (2023) di Antonello Ruscazio del film di E. De Angelis

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