lunedì 7 ottobre 2019

Benedetto fra le spie - Benedetto di nome o di fatto. Una recensione di Mauro Scorzato



di Mauro Scorzato


BENEDETTO FRA LE SPIE: BENEDETTO DI NOME O DI FATTO

Il libro di Annibale Paloscia, “Benedetto fra le spie” (Biblioteca di Storia - Editori Riuninti, 2007) offre finalmente una visione veritiera, corroborata da una ricerca minuziosa e paziente negli archivi di quello che oggi è il Ministero dell’Interno- Dipartimento di pubblica sicurezza, dei retroscena di quella che è stata la crisi più grave nei rapporti tra Stato e Chiesa dei tempi moderni . Il lavoro rappresenta con esattezza (e talvolta con un po’ di “buonismo”) la posizione del Pontefice che passò alla storia come colui che bollò il Primo Conflitto Mondiale come “ l’inutile strage”; la ricostruzione ci fornisce invece un quadro diverso, di un Papa manipolato da un prelato senza scrupoli, di un pontefice quindi che entra a far parte, suo malgrado secondo l’autore, di una gigantesca “ information operation” (infoops) tesa a neutralizzare la partecipazione del Regno d’Italia alla Prima Guerra Mondiale. Con l’ovvia considerazione che se avesse avuto successo le sorti del conflitto sarebbero state ben diverse. Il libro trova i suoi punti di forza non tanto nella descrizione degli intrighi e maneggi all’interno del Vaticano, che in fondo , per chi conosce i libri del giornalista Nuzzi , non sono cambiati gran che da quei tempi ad oggi, bensì per la minuziosa descrizione dello sforzo, sia economico che operativo, fatto dalla Germania per creare una opinione pubblica contraria al conflitto; così come è stato ricostruito dalle investigazioni dell’Ufficio Centrale delle investigazioni della Polizia. E come, giustamente, il Servizio Segreto tedesco avesse individuato come tallone d’Achille del Regno d’Italia quel piccolo staterello dotato di una influenza enorme sull’opinione pubblica e sulla politica italiana. La venalità e la corruzione del Vaticano, associata al quasi totale accesso alle informazioni di guerra, ne facevano lo strumento ideale per i fini bellici degli Imperi Centrali. Il Paloscia si sforza, nella sua narrazione, di salvare il Pontefice, come vittima incolpevole delle macchinazioni del suo cameriere segreto, Monsignor Gerlach, ma questo stridere delle unghie sul vetro rappresenta l’unica nota negativa del testo; la pervicacia del Pontefice nel voler salvare il Monsignore anche quando era stato condannato all’ergastolo per spionaggio, continuando a fare pressione in ogni modo per la sua riabilitazione, fa pensare che forse non esisteva solo una passeggera infatuazione per il bello e intelligente bavarese che si aggirava per i suoi appartamenti. Per chi ha seguito questo argomento nella storia della Prima Guerra Mondiale, l’intervento del Vaticano a favore dei sacerdoti e prelati “austriacanti” è sempre stato assiduo e costante. Il fatto che al corresponsabile di atti gravissimi come l’affondamento delle corazzate “Brin” e “Leonardo”, con centinaia di vittime italiane , sia stato permesso di lasciare il Paese senza alcun controllo e continuando la sua spensierata esistenza nella natìa Germania fa intendere quanto la politica, in particolare Boselli, che cercava l’appoggio dei cattolici alle elezioni, fosse sensibile ai desideri del Vaticano, con buona pace dei marinai affogati dentro le due corazzate. Ma al termine del libro due domande rimangono nella mente ; la prima è quanto dell’immenso lavoro di disinformazione, veicolato attraverso i testi clericali, sia oggi presente nei testi scolastici scritti da persone che, magari in buona fede,totalmente all’oscuro dei maneggi del Monsignor Gerlach, hanno attinto a quelle fonti ritenendole obbiettive e orientate al pacifismo. Infatti in nessun argomento come nella descrizione della 1^ Guerra mondiale in Italia la narrazione del testo scolastico differisce da quello dello storico “dotto”. La seconda domanda ha un respiro più ampio: dalla fine degli anni Trenta, il Vaticano ha sistematicamente infiltrato tutti i rami dell’amministrazione pubblica, mentre ai primi del ‘900 la pubblica amministrazione ancora rimaneva fedele alla Corona, rendendo di fatto possibile un conflitto sgradito al Papa. Ma oggi, in Italia, potremmo affrontare una minaccia, vera o presunta, senza il “placet” del Capo dell’ultima monarchia assoluta della Terra? Chiamatela se volete “Mafia”, “terrorismo” o con qualsivoglia parola possa materializzare un fenomeno che mina la nostra libertà e i nostri valori (se ne rimangono); può l’italiano pensare di confrontarsi senza il timore che i suoi sforzi vengano frustrati da una entità influenzabile da una tutto sommato modesta somma di denaro o dall’avvenenza di un baldo giovanotto?

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