Dario Fabbri, "Geopolitica umana - capire il mondo dalle civiltà antiche alle potenze odierne" ediz. Gribaudo 2024
Che cos'è la Geopolitica? Leggiamo e sintetizziamo dal web una definizione generale: essa sta a indicare un modo di riferirsi e di studiare le relazioni esistenti fra la geografia fisica, la geografia umana e l'azione politica.
In altri termini i rapporti fra i popoli.
Dario Fabbri, proveniente dal gruppo di "Limes", ha da tempo dato vita a una propria tendenza analitica che chiama "Geopolitica umana".
Sua caratteristica saliente è quella di studiare l'interazione fra una collettività (i leader a suo avviso non sono mai determinanti ma semmai agìti) e la Storia, perché "soltanto ciò che è stato incide sul presente". Incrocia quindi la geopolitica classica, oltre che con la storia, con l'antropologia e con la psicologia collettiva. Cioè con il "comune sentire" di una popolazione, entrando così anche nel suo "parlato", che ne rappresenta sempre l'espressione inconsapevole.
Si interessa allora di etnografia e della pedagogia nazionale. Quest'ultima è la Storia insegnata a scuola. Potremmo dire che con ciò realizza si un "Erlebnis", un'immedesimazione che sola ci permette di entrare nell'orizzonte di senso di un popolo e di intuirne la "traiettoria".
Praticando questo genere di gnoseologia, per esempio, ci si rende conto che non tutti i popoli desiderano ardentemente la nostra Democrazia o la Pace e che sono spesso lontanissimi dai nostri Valori e dai nostri sensi di colpa.
Ho parlato di "popoli" ma Fabbri chiarisce subito che i veri attori geopolitici sono sempre le nazioni o gli imperi.
Fra questi, il discrimine fra stati "massimalisti" -cioè tendenti più alla potenza che all'economia- e stati "post-storici", cioè in fase di arresto e/o di soggezione ad altri stati o imperi, è dato dalla *demografia*.
I popoli invecchiati, composti cioé da una maggioranza di anziani, tendono -secondo Fabbri- a ritenere superata e inutile la guerra; sono propensi ad evitare il dolore e le privazioni. Rifiutano finché è possibile la violenza perché ingiusta e inutile e ritengono così di averla eliminata. Non è detto però che anche gli altri concordino con questa loro decisione.
Popolazioni massimaliste e "imperiali", per Storia e vocazione, sono gli USA che, con l'assimilazione, reintegrano i giovani e contrastano l'invecchiamento, la Russia, la Cina, la Turchia e il *giovane* Iran.
Di quest'ultimo si tende spesso a fraintendere l'opposizione interna che tutto significa tranne desiderio di praticare la Democrazia occidentale (di origine americana-francese) che viene storicamente praticata in Occidente.
Questi massimalisti sono imperi e praticano l'assimilazione (che ha i suoi aspetti coattivi) in funzione, sempre, della potenza, laddove noi in Italia, per esempio, alla ricerca dell'economia, pratichiamo l'integrazione che ci mantiene nella multiculturalità.
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Al punto - ma questa è una mia opinione personale- di rinunciare spesso ai nostri usi e costumi tradizionali per compiacere gli ospiti; questo per via di sensi di colpa e di un civilissimo relativismo culturale. Qui vorrei però continuare a seguire Fabbri e astenermi da valutazioni morali e/o politiche.
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In questa analisi "demologica", mi si passi la curvatura di un termine oggi desueto, sta a mio avviso il cuore gnoseologico della geopolitica umana di Fabbri.
Il libro, che consta di 210 pagine suddivise in XII capitoli, mostrandoci di questa ottica l'applicazione a situazioni specifiche e a momenti storici , ci dice ovviamente molto di più. Le implicazioni geopolitiche infatti, come si può ben vedere, sono tante.
Ettore Martinez
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“temprando lo scettro a' regnatori
gli allòr ne sfronda, ed alle genti svela
di che lagrime grondi e di che sangue”
Ugo Foscolo, “I Sepolcri”
Nel suo recente “Geopolitica umana – capire il mondo dalle civiltà antiche alle potenze odierne” (Edizioni Gribaudo, 2024), Dario Fabbri si preoccupa innanzitutto di chiarire in che cosa consista propriamente la sua Geopolitica, di che cosa si interessi e con quale approccio metodologico-epistemologico.
« In formula: la geopolitica umana studia l'interazione tra collettività collocate nello spazio geografico calandosi nello sguardo altrui. Oggetto della sua analisi sono le aggregazioni umane, in ogni realizzazione storica. Tribù poleis, comuni. Fino all'epoca corrente, dominata dagli stati-nazione, dagli imperi. Mai i singoli individui. Tantomeno i leader » (op.cit. pag.12).
Più avanti -ed eccoci al punto che maggiormente ci ha interessato- Fabbri aggiunge: «Come nella gnoseologia di Alexandre Kojève, questa geopolitica indaga il “mondo storico”, frutto del lavoro degli uomini, non quello naturale » (pag. 13).
Secondo Giulia Merlino - laureata in Filosofia con la tesi “Aporie della fine – Il pensiero di Alexandre Kojève” (1)- “il parallelismo tra geopolitica e gnoseologia kojèviana è sicuramente da rintracciare nel ruolo della negazione (dialettica ma non solo): ossia, si dà discorso solo dell'azione umana, mai della natura, perché l'uomo conosce solo ciò che nega, cioè *ciò che trasforma*.(2)
Ci sembra di capire quindi che Diego Fabbri ritenga fondamentale, per conoscere bene gli assetti e le “traiettorie” di un popolo, riferirsi al suo patrimonio storico,cercando di acquisirne dall'interno vissuti e credenze; direi addirittura dai suoi “Erlebnis” collettivi più che da logiche o modelli che rispondono ai nostri criteri culturali.
Ci sono infatti, a suo avviso, popoli che mettono al primo posto la potenza, anche a scapito dell'interesse economico. Sono i popoli che Fabbri chiama “massimalisti”.
Giulia Merlino sottolinea nel suo lavoro come Kojève si differenzi anche da Marx, al pensiero del quale pure fa solitamente ricorso per curvare Hegel, nel mettere hegelianamente al primo posto come motore della Storia la propria personale visione del famosissimo rapporto (3) ”Signoria-Servitù, cioè la lotta mortale per il “riconoscimento”, nella quale chi ha paura diventa servo.
Infatti
“« ... laddove per Marx la storia si originava nella creazione dei mezzi di produzione per il soddisfacimento dei bisogni elementari dell'uomo, per Kojève essa aveva con la Lotta “per il puro prestigio”:
[scrive infatti Kojève]
“(…) Marx ha avuto il torto di semplificare e di amputare la concezione hegeliana. Per Hegel, l'atto di lavorare ne presuppone un altro, quello della lotta per il puro prestigio, che Marx non ha riconosciuto nel suo giusto valore.” (4) »
Prestigio, “volontà di potenza” che nella Geopolitica umana di Fabbri sta invece al centro dell'attenzione, quando vogliamo individuare le “traiettorie” dei popoli dominanti, laddove quelli dominati (spesso anche demograficamente anziani) ricercano piuttosto la pace e i vantaggi economici.
Giulia Merlino prosegue sottolineando come questa forzatura del pensiero di Hegel da parte di Kojève, conduca quest'ultimo a credere in « uno Stato fondato sulla “gloria” (…) invece che sull'appropriazione dei mezzi di produzione da parte della classe lavoratrice»
“Nessun ricorso alla virtù o alla moralità, come propone Leo Strauss, potrà cambiare la realtà. Al contrario Kojève vi contrappone l'«immoralità», perché è la storia a incaricarsi di giudicare, «attraverso la 'riuscita' o il 'successo', le azioni degli uomini di Stato o dei tiranni».
Marco Filoni, in “liMes – rivista italiana di geopolitica”, novembre 2023
Per questa nota sintetica si ringrazia vivamente la Prof.ssa Giulia Merlino di Messina.
NOTE
(1) Università di Messina (Triennio accademico 2006-2008)
Relatore Prof. Girolamo Cotroneo.
(2) “In questo senso, esiste - certo - una gnoseologia kojèviana, nei termini di una teoria della conoscenza come formazione del discorso, ma chiaramente fa i conti con la dottrina centrale della fine della storia che è anche - in qualche modo - una fine del discorso. Kojève pensa la Storia in termini di un graduale superamento sia dello Stato nazionale che dei popoli in quanto tali, anche se c'è tutta una fase intermedia - quella degli imperi - che ancora mantiene un qualche appiglio con la vecchia geopolitica” Giulia Merlino.
Ricordiamo che la tesi della Prof.ssa Merlino è incentrata prevalentemente sulla “fine della storia” in Kojève (e quindi in Hegel) e che sviluppa una sua propria analisi lungo questa direttrice.
(3) Rapporto che come è noto viene trattato nella “Fenomenologia dello Spirito” di Hegel e che è stato molto studiato e discusso.
(4) A. Kojève, “Linee per una fenomenologia del diritto”
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