di Ettore Martinez e Mauro Scorzato
Questo
libretto, a cura di E. Ughi e S. Rubino (per il quale si ringrazia Eleuterio
Demontis) è uscito a Stintino (SS) nel 2015 in occasione del convegno
"Commemorazioni di pace: i profughi e i prigionieri sull'isola dell'
Asinara", nel centenario della Grande guerra. Soprattutto, ma non solo, si
tratta di una ricerca a carattere bio-medico. Forse non tutti sanno che
nell'autunno-inverno del 1915
l 'esercito serbo in ritirata si portò dietro qualcosa
come 40.000/50.000 prigionieri dell'esercito austro-ungarico catturati in
precedenza. Se li portò dietro attraverso Montenegro e Albania in bruttissime
condizioni igienico-sanitarie ed alimentari attraverso una marcia ("della
morte") verso l'imbarco di Valona.
Andando
anche oltre il contenuto e l'intenzione di questo interessante lavoro, ricco di
utilissime indicazioni bibliografiche e fotografie, portiamo ora la nostra
attenzione su come viene da tempo rappresentata in termini contrastanti la
prigionia dei soldati austro-ungarici di varie nazionalità (c'erano fra di essi
anche degli italiani trentini, oltre ai cechi e agli slovacchi). Se, per
esempio, andiamo a leggere questo articolo
avremo
modo di vedere il comportamento degli italiani descritto in chiave fortemente
negativa quali bastonatori e inumani custodi . D'altro canto si osserva però
che "la rappresentazione fatta dall' Agnelli ( il cui nome comunque non
figura tra i militari assegnati all' Asinara) non concorda neppure con la
versione di un soldato ceco (boemo al tempo) certo Sramek di cui ho fatto, nel
corso di una mia conferenza, un parallelo narrativo tra lui e il Ferrari (il
generale che comandava il campo dell'Asinara): le due versioni, "mutatis
mutandis" di fatto concordano. Nessuno sano di mente al tempo ha mai
pensato di mandare un quantitativo così enorme di prigionieri infetti in un
luogo dove avrebbero potuto contagiare la popolazione locale. Facciamo
piuttosto un paragone su cosa potrebbe accadere oggi se si ripresentasse una
necessità del genere. Nessuno sarebbe in grado di fronteggiare una affluenza di
quel genere. Vedasi l'afflusso di profughi a Lampedusa. Inoltre se si considera
la mortalità si deve escludere la fame: lo stesso Sramek ancorché lamenti la
carenza d'acqua, afferma che il cibo era addirittura sovrabbondante ( la stessa
razione del soldato italiano come da convenzione di Ginevra) peraltro
minuziosamente rendicontato nella relazione del comandante Ferrari" (Mauro
Scorzato).
Sull'argomento,
oltre al già citato col. Scorzato, già direttore del museo storico della
Brigata Sassari, hanno fatto importanti lavori diversi studiosi, fra i quali il
dott. Alberto Monteverde sui quali torneremo presto.
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