giovedì 22 novembre 2018

SUI PRIGIONIERI AUSTRO-UNGARICI ALL' ASINARA DURANTE LA GRANDE GUERRA (1915-18)


di Ettore Martinez e Mauro Scorzato



Questo libretto, a cura di E. Ughi e S. Rubino (per il quale si ringrazia Eleuterio Demontis) è uscito a Stintino (SS) nel 2015 in occasione del convegno "Commemorazioni di pace: i profughi e i prigionieri sull'isola dell' Asinara", nel centenario della Grande guerra. Soprattutto, ma non solo, si tratta di una ricerca a carattere bio-medico. Forse non tutti sanno che nell'autunno-inverno del 1915 l'esercito serbo in ritirata si portò dietro qualcosa come 40.000/50.000 prigionieri dell'esercito austro-ungarico catturati in precedenza. Se li portò dietro attraverso Montenegro e Albania in bruttissime condizioni igienico-sanitarie ed alimentari attraverso una marcia ("della morte") verso l'imbarco di Valona.
Andando anche oltre il contenuto e l'intenzione di questo interessante lavoro, ricco di utilissime indicazioni bibliografiche e fotografie, portiamo ora la nostra attenzione su come viene da tempo rappresentata in termini contrastanti la prigionia dei soldati austro-ungarici di varie nazionalità (c'erano fra di essi anche degli italiani trentini, oltre ai cechi e agli slovacchi). Se, per esempio, andiamo a leggere questo articolo
avremo modo di vedere il comportamento degli italiani descritto in chiave fortemente negativa quali bastonatori e inumani custodi . D'altro canto si osserva però che "la rappresentazione fatta dall' Agnelli ( il cui nome comunque non figura tra i militari assegnati all' Asinara) non concorda neppure con la versione di un soldato ceco (boemo al tempo) certo Sramek di cui ho fatto, nel corso di una mia conferenza, un parallelo narrativo tra lui e il Ferrari (il generale che comandava il campo dell'Asinara): le due versioni, "mutatis mutandis" di fatto concordano. Nessuno sano di mente al tempo ha mai pensato di mandare un quantitativo così enorme di prigionieri infetti in un luogo dove avrebbero potuto contagiare la popolazione locale. Facciamo piuttosto un paragone su cosa potrebbe accadere oggi se si ripresentasse una necessità del genere. Nessuno sarebbe in grado di fronteggiare una affluenza di quel genere. Vedasi l'afflusso di profughi a Lampedusa. Inoltre se si considera la mortalità si deve escludere la fame: lo stesso Sramek ancorché lamenti la carenza d'acqua, afferma che il cibo era addirittura sovrabbondante ( la stessa razione del soldato italiano come da convenzione di Ginevra) peraltro minuziosamente rendicontato nella relazione del comandante Ferrari" (Mauro Scorzato).
Sull'argomento, oltre al già citato col. Scorzato, già direttore del museo storico della Brigata Sassari, hanno fatto importanti lavori diversi studiosi, fra i quali il dott. Alberto Monteverde sui quali torneremo presto.

Nessun commento:

Posta un commento

"Comandante", una recensione (2023) di Antonello Ruscazio del film di E. De Angelis

  Una recensione di Antonello Ruscazio " Comandante " film del 2023 diretto da Edoardo De Angelis                            ...