Napoléon, cédant Sedan, céda ses dents ("Napoleone, cedendo Sedan, cedette i suoi denti") è uno scioglilingua che un tempo era ben noto a chi studiasse Francese.
La battaglia di Sedan avvenne fra il 31 agosto ed il 2 settembre del 1870 e fu clamorosamente vinta dai Prussiani.
Insieme alla sconfitta della Francia segnò anche la fine del Secondo Impero di Napoleone III.
Nel quadro di Alphonse de Neuville troviamo rappresentati gli scontri di Bazeilles, che videro contrapposta la fanteria bavarese alla fanteria di marina francese.
Questo episodio fu detto anche delle "ultime cartucce", per via della resistenza eroica dei francesi. Questi ultimi si giovarono anche dell'aiuto dei civili, molti dei quali si videro le case incendiate o furono sommariamente passati per le armi dai soldati bavaresi in quanto ritenuti "franchi tiratori".
Inizia qui, per la Storia contemporanea, la prassi bellica che prenderà poi il nome di contro-guerriglia.
LA
BATTAGLIA DI SEDAN : IMPLICAZIONI SUCCESSIVE AD UN EVENTO
DIMENTICATO
di Mauro Scorzato
di Mauro Scorzato
Ricade
domani l’anniversario della battaglia di Sedan, una delle più
brucianti sconfitte della Francia che dovrà aspettare ottant’anni
circa per trovarne una di ancor più vergognosa in Vietnam a Dien
Bien Phu. Questa battaglia, la cui conoscenza viene generalmente
trascurata nelle nostre scuole, per noi italiani è ricca di spunti:
innanzitutto fu una battaglia di “distruzione” che si poneva come
obbiettivo la totale distruzione delle forze nemiche (francesi) per
manovra costringendo quindi la capitolazione generale. Lo stesso fu
tentato, cinquant’anni dopo, a Caporetto con esiti comunque non
altrettanto felici, dal momento che il grosso del Regio Esercito
Italiano riuscì a sgusciare dalla manovra a tenaglia sfruttando con
più intelligenza i corsi d’acqua che si frapponevano al cammino
degli attaccanti (anche in Francia vi erano corsi d’acqua rilevanti
ma i Francesi non sembravano averci fatto caso, vista la riottosità
tutta francese di presidiare ponti e guadi).
Nella
battaglia prodromica di Sedan, a Gravelotte, nella località di Saint
Privat, furono schierate per la prima volta in Europa le armi che
tanto avrebbero fatto parlare nel futuro: le mitragliatrici, ancora
comunque chiamate “cannon à balles” (cannoni a proiettili).
Quest’arma, sviluppata dall’ing. Verchères de Reffye con fondi
provenienti direttamente dalle tasche di Napoleone III per questioni
di segretezza (la cosa riuscì talmente bene che ancora oggi molti
storici “ruspanti” piazzano l’esordio delle mitragliatrici
nella Prima Guerra Mondiale) fu usata in postazioni mimetizzate
contro gli attacchi della Guardia Prussiana del Principe del
Wuertemberg, con i risultati che ritroveremo amplificati nel primo
conflitto mondiale. I tedeschi stessi (al tempo ancora Prussiani)
rielaborarono il concetto tattico applicato dai Francesi a Saint
Privat, lo inserirono nella loro dottrina integrandolo con le altre
armi ed ostacoli (leggi : reticolato) e lo rivolsero contro gli
inventori, nel conflitto successivo, con i risultati conosciuti.
Ma
vi è un’altra innovazione di cui anche noi avremmo fatto le spese
nel futuro: infatti la capitolazione di Napoleone III a Sedan, con i
suoi 83.000 prigionieri (ovverossia una cifra spropositata per i
tempi) non significò affatto la capitolazione della Francia, che in
effetti avvenne all’inizio del 1871. Al contrario, il popolo
francese decise di intraprendere quel tipo di combattimento che
avevano visto svilupparsi e avevano tanto ferocemente represso in
Spagna circa settant’anni prima: nascono così i “franc
tireurs”ovverossia i “franchi tiratori”, cioè individui e/o
piccoli gruppi di civili che svincolati da ogni gerarchia militare
(“franchi”) aprono il fuoco con armi portatili (“tiratori”)
contro le truppe di occupazione, al solo scopo di infliggere perdite
umane: al termine dell’azione nascondevano le armi e si
confondevano con la popolazione civile. Tra i “tiratori” si
trovavano parecchi Garibaldini italiani, ex -combattenti inglesi ma
anche molti briganti che così speravano di ottenere amnistia.
Tale
tattica, che, a dire la verità trova il fondamento in un decreto
imperiale del 28 luglio che incoraggiava la creazione di formazioni
di civili in armi, faceva inorridire i tetragoni strateghi prussiani:
per loro il conflitto era uno scontro di intelligenze, più che una
mattanza di inconsapevoli. A dire la verità anche loro avevano
pensato ad una tattica simile nel caso le sorti non fossero state
favorevoli allo stato Prussiano, anzi l’idea di armare la
popolazione civile in caso di invasione era già stata postulata da
Bismark. In ogni caso tale tattica si dimostrò talmente efficace da
meritarsi uno studio a parte in quello che oggi definiremmo il “ciclo
delle lezioni apprese” al termine del conflitto. Quello che ne uscì
lo ritoveremo nel Primo conflitto mondiale in Belgio, con la
deportazione e la riduzione alla fame della popolazione civile, ma
soprattutto nel Secondo Conflitto mondiale; le stragi che ancor oggi
il Presidente Mattarella richiama alla memoria non furono un parto
della Germania nazista ma furono teorizzate molti anni prima della
nascita del partito Nazista e quasi in concomitanza con la nascita
della Germania. E non a caso nelle Convenzioni dell’Aia (ben prima
del Secondo Conflitto Mondiale) si pone l’accento sul “legittimo
combattente” ovverossia il combattente che risponde ad una
gerarchia riconosciuta e porta apertamente le armi (quindi non
“franc”) e si legittima la rappresaglia fino a 10 a 1.
In
conclusione, gli spunti per una revisione critica di quanto successo
in seguito, in particolare con l’avvento delle armi automatiche
(ricordiamo che nella stessa guerra ritroviamo il primo impiego di
massa di armi a retrocarica, i notissimi Chassepots che già fecero
strage di garibaldini a Mentana) dei primi cannoni a retrocarica a
proiettile scoppiante (i famosi Krupp) ma soprattutto lo scottante
argomento di guerriglia-controguerriglia che ancora oggi riscalda gli
animi, facendo spargere molte parole e molto poco sapere. (M.S.)