di Mauro Scorzato
BENEDETTO FRA LE SPIE:
BENEDETTO DI NOME O DI FATTO
Il libro di Annibale
Paloscia, “Benedetto fra le spie” (Biblioteca di Storia - Editori Riuninti, 2007) offre finalmente una visione
veritiera, corroborata da una ricerca minuziosa e paziente negli
archivi di quello che oggi è il Ministero dell’Interno-
Dipartimento di pubblica sicurezza, dei retroscena di quella che è
stata la crisi più grave nei rapporti tra Stato e Chiesa dei tempi
moderni . Il lavoro rappresenta con esattezza (e talvolta con un po’
di “buonismo”) la posizione del Pontefice che passò alla storia
come colui che bollò il Primo Conflitto Mondiale come “ l’inutile
strage”; la ricostruzione ci fornisce invece un quadro diverso, di
un Papa manipolato da un prelato senza scrupoli, di un pontefice
quindi che entra a far parte, suo malgrado secondo l’autore, di una
gigantesca “ information operation” (infoops) tesa a
neutralizzare la partecipazione del Regno d’Italia alla Prima
Guerra Mondiale. Con l’ovvia considerazione che se avesse avuto
successo le sorti del conflitto sarebbero state ben diverse. Il libro
trova i suoi punti di forza non tanto nella descrizione degli
intrighi e maneggi all’interno del Vaticano, che in fondo , per chi
conosce i libri del giornalista Nuzzi , non sono cambiati gran che da
quei tempi ad oggi, bensì per la minuziosa descrizione dello sforzo,
sia economico che operativo, fatto dalla Germania per creare una
opinione pubblica contraria al conflitto; così come è stato
ricostruito dalle investigazioni dell’Ufficio Centrale delle
investigazioni della Polizia. E come, giustamente, il Servizio
Segreto tedesco avesse individuato come tallone d’Achille del
Regno d’Italia quel piccolo staterello dotato di una influenza
enorme sull’opinione pubblica e sulla politica italiana. La
venalità e la corruzione del Vaticano, associata al quasi totale
accesso alle informazioni di guerra, ne facevano lo strumento ideale
per i fini bellici degli Imperi Centrali. Il Paloscia si sforza,
nella sua narrazione, di salvare il Pontefice, come vittima
incolpevole delle macchinazioni del suo cameriere segreto,
Monsignor Gerlach, ma questo stridere delle unghie sul vetro
rappresenta l’unica nota negativa del testo; la pervicacia del
Pontefice nel voler salvare il Monsignore anche quando era stato
condannato all’ergastolo per spionaggio, continuando a fare
pressione in ogni modo per la sua riabilitazione, fa pensare che
forse non esisteva solo una passeggera infatuazione per il bello e
intelligente bavarese che si aggirava per i suoi appartamenti. Per
chi ha seguito questo argomento nella storia della Prima Guerra
Mondiale, l’intervento del Vaticano a favore dei sacerdoti e
prelati “austriacanti” è sempre stato assiduo e costante. Il
fatto che al corresponsabile di atti gravissimi come l’affondamento
delle corazzate “Brin” e “Leonardo”, con centinaia di vittime
italiane , sia stato permesso di lasciare il Paese senza alcun
controllo e continuando la sua spensierata esistenza nella natìa
Germania fa intendere quanto la politica, in particolare Boselli,
che cercava l’appoggio dei cattolici alle elezioni, fosse sensibile
ai desideri del Vaticano, con buona pace dei marinai affogati dentro
le due corazzate. Ma al termine del libro due domande rimangono nella
mente ; la prima è quanto dell’immenso lavoro di disinformazione,
veicolato attraverso i testi clericali, sia oggi presente nei testi
scolastici scritti da persone che, magari in buona fede,totalmente
all’oscuro dei maneggi del Monsignor Gerlach, hanno attinto a
quelle fonti ritenendole obbiettive e orientate al pacifismo.
Infatti in nessun argomento come nella descrizione della 1^ Guerra
mondiale in Italia la narrazione del testo scolastico differisce da
quello dello storico “dotto”. La seconda domanda ha un respiro
più ampio: dalla fine degli anni Trenta, il Vaticano ha
sistematicamente infiltrato tutti i rami dell’amministrazione
pubblica, mentre ai primi del ‘900 la pubblica amministrazione
ancora rimaneva fedele alla Corona, rendendo di fatto possibile un
conflitto sgradito al Papa. Ma oggi, in Italia, potremmo affrontare
una minaccia, vera o presunta, senza il “placet” del Capo
dell’ultima monarchia assoluta della Terra? Chiamatela se volete
“Mafia”, “terrorismo” o con qualsivoglia parola possa
materializzare un fenomeno che mina la nostra libertà e i nostri
valori (se ne rimangono); può l’italiano pensare di confrontarsi
senza il timore che i suoi sforzi vengano frustrati da una entità
influenzabile da una tutto sommato modesta somma di denaro o
dall’avvenenza di un baldo giovanotto?