di Ettore Martinez
Una
pagina di Storia regionale strettamente connessa a quella italiana ed
europea è quella dei prigionieri austro-ungarici e tedeschi detenuti
in Sardegna. Per essi le condizioni di vita furono tutt'altro che
facili. A cominciare dal loro arrivo all'Asinara a ondate, a
migliaia, dall'agosto del 1915 con successiva fortissima
accelerazione a partire dal dicembre dello stesso anno. A seguito
dell'evacuazione dal porto di Valona delle migliaia di prigionieri
che l'esercito serbo si era tirato dietro durante la sua ritirata
(che per i prigionieri fu piuttosto una vera e propria "marcia della morte"). Fra
questi divampava il colera. Come ha illustrato il col. Scorzato nel
corso di una conferenza tenuta tempo fa (13 aprile 2018) sull'argomento presso la
Biblioteca di Poggio dei pini (Capoterra, CA), si trattò della prima
operazione umanitaria dell' Esercito italiano. Ora la storia della
Sardegna sin da tempi remoti è stata sempre anche storia di miniere
e Giorgio Madeddu vi inserisce con virile compassione anche quella
dei prigionieri di guerra nostri nemici che furono destinati ad una
loro specifica vera e propria "damnatio ad metalla". Questo
libro, come sostenuto nella ricca introduzione storica di Stefano
Pira, è anche un libro di grande umanità. In questo ambito morale
trova posto, en passant, anche la sportiva rievocazione della fuga
romanzesca di un gruppetto di astuti ufficiali austriaci. Essendo in
piena ripresa il settore minerario e quello carbonifero per via delle
esigenze belliche ed essendo carente la manodopera, in gran parte
richiamata alle armi, si pensò dopo molte esitazioni e perplessità,
di fare ricorso ai prigionieri di guerra. Qui veramente Madeddu ci
apre in sovrapposizone interattiva fra di loro una serie di
inaspettati spaccati di storia militare, politica, economica e
materiale. Non tutti i prigionieri austro-ungaici finirono a lavorare
nei giacimenti: molti di loro vennero impiegati in opere pubbliche,
in agricoltura e addirittura in servizio presso privati. In generale
le nostre comunità rurali,
quando non restarono indifferenti alla loro presenza, trovarono con essi un modus vivendi basato sul rispetto reciproco e anche sull'accoglienza ospitale. Veniamo così a sapere molte cose sulle modalità della loro prestazione d'opera, regolata da convenzione internazionale, su quanto percepissero per il loro lavoro, sulla corrispondenza che intrattenevano con i familiari, etc.. Madeddu ci racconta insomma molte cose sulla loro vita e sulla loro frequente morte. Il contesto è soprattutto quello dei bacini minerari sardi, con i loro problemi di gestione e organizzazione, con i rapporti che intrattengono con l'apparato burocratico dello Stato,etc. Ma l'autore, di questi prigionieri dell'Imperial-regio esercito austro-ungarico (fatto anche di polacchi, cechi, italiani, etc.) ci racconta anche, finché può, il destino post mortem, le modalità e i luoghi di sepoltura. Il libro, ricco di bellissime e nitide foto a colori comprende un'appendice ricca di tavole contenenti dati e statistiche. Si tratta quindi di un volume seriamente realizzato, di letteratura scientifica, che apre la strada -come auspicato dall'autore- ad altri lavori sull'argomento. Madeddu, sicuramente equanime nella
sua trattazione, ha anche modo di sottolineare la diligenza con la quale l'Italia volle rispettare attentamente le norme stabilite circa il trattamento dei prigionieri di guerra. L'apprezzamento della Croce nera austriaca a questo suo lavoro, insieme a tante iniziative bilaterali, giunge quindi oltre che gradito, bene a proposito.
quando non restarono indifferenti alla loro presenza, trovarono con essi un modus vivendi basato sul rispetto reciproco e anche sull'accoglienza ospitale. Veniamo così a sapere molte cose sulle modalità della loro prestazione d'opera, regolata da convenzione internazionale, su quanto percepissero per il loro lavoro, sulla corrispondenza che intrattenevano con i familiari, etc.. Madeddu ci racconta insomma molte cose sulla loro vita e sulla loro frequente morte. Il contesto è soprattutto quello dei bacini minerari sardi, con i loro problemi di gestione e organizzazione, con i rapporti che intrattengono con l'apparato burocratico dello Stato,etc. Ma l'autore, di questi prigionieri dell'Imperial-regio esercito austro-ungarico (fatto anche di polacchi, cechi, italiani, etc.) ci racconta anche, finché può, il destino post mortem, le modalità e i luoghi di sepoltura. Il libro, ricco di bellissime e nitide foto a colori comprende un'appendice ricca di tavole contenenti dati e statistiche. Si tratta quindi di un volume seriamente realizzato, di letteratura scientifica, che apre la strada -come auspicato dall'autore- ad altri lavori sull'argomento. Madeddu, sicuramente equanime nella
sua trattazione, ha anche modo di sottolineare la diligenza con la quale l'Italia volle rispettare attentamente le norme stabilite circa il trattamento dei prigionieri di guerra. L'apprezzamento della Croce nera austriaca a questo suo lavoro, insieme a tante iniziative bilaterali, giunge quindi oltre che gradito, bene a proposito.
Giorgio
Madeddu, "La damnatio ad metalla – storie di prigionieri
dell'impero austro-ungarico nella Sardegna della prima guerra
mondiale" 2018, ediz. Gaspari, collana "Leggiamo la grande
guerra", pp. 191, € 24,00.
Nessun commento:
Posta un commento